I cantanti neomelodici pronti ad esibirsi sotto il suo balcone e le torte di compleanno a pi? piani e con una pistola alla base, servivano per esibire la sua forza. Alla corte de o′ Principe di Tor Bella Monaca, di Vincenzo Nastasi, sedevano infatti vedette, cassieri, pusher e tutti gli altri protagonisti di un sistema criminale articolato che tuttavia, secondo i giudici, ha poco a che fare con il mondo del narcotraffico. Secondo la corte d′Appello di Roma si tratterebbe piuttosto di un giro dedito al piccolo spaccio. Ed ? per questo motivo che le condanne emesse nei confronti delle venti persone che gestivano la piazza di spaccio al civico 64 di via dell′Archeologia sono state dimezzate. Il Principe, che ha preso in prestito il nome da un personaggio di Gomorra, dovr? scontare 9 anni 6 mesi e 10 giorni di carcere. Una pena, per l′imputato assistito dall′avvocato Alessandro Marcucci, decisamente pi? lieve rispetto ai circa 18 anni rimediati in primo grado. Anche la moglie, Mariagrazia Moccia, dell′omonima e nota famiglia criminale vede affievolirsi la sua permanenza in carcere. La sua pena ? stata ridotta: 3 anni e 6 mesi. E cos? per tutti gli altri imputati, che sconteranno pene esigue. Occorrer? attendere le motivazioni della sentenza di secondo grado per conoscere le ragioni che hanno spinto i giudici a ritenere che tra quel palazzoni a ferro di cavallo l′associazione a delinquere si occupasse di piccolo spaccio. Secondo la procura di Roma infatti gli imputati sarebbero riusciti a guadagnare anche 20 mila euro al giorno, sfamando circa 350 acquirenti ogni 24 ore. Evidentemente per? non ? stato possibile documentare con certezza l′intero giro di affari. E la tesi difensiva ha prevalso: La procura vuole combattere con i carri armati un esercito di disagiati che in totale assenza di riferimenti familiari e istituzionali, spesso con problemi di tossicodipendenza, si adopera in attivit? illecite non per arricchirsi ma per sopravvivere, ha sostanzialmente detto in aula l′avvocato Marcucci ricordando lassenza di adeguate politiche sociali di recupero di un territorio, Tor Bella Monaca, abbandonato dallo Stato. Tra quelle vie dove polizia e carabinieri intervengono continuamente, i pusher arrestati dopo poche ore vengono rimpiazzati. Lo decidono i giudici se o′ Principe e i suoi sodali abbiano messo in piedi un piccolo o immenso giro d′affari. Ma quello che ? emerso dall′arringa difensiva ? praticamente un atto di accusa contro uno Stato definito latitante nelle periferie, che pensa di risolvere il problema solo con azioni dimostrative periodiche in territori che vengono poi abbandonati a loro stessi. In quel territorio le case popolari che l′Ater dovrebbe assegnare a chi non ha un tetto sotto il quale dormire sono diventate fortini, laboratori clandestini, piccole regge dove principi della droga rinchiusi ai domiciliari festeggiano sfarzosi compleanni. L′assenza dello Stato viene certificata anche in altri atti che riguardano l′attivit? di spaccio messa in piedi tra i palazzoni grigi del complesso di case popolari di Largo Ferruccio Mengaroni, dove gli ordini arrivavano direttamente dal carcere. Tor Bella Monaca, dove operano diversi gruppi criminali anche violenti, ? un insediamento urbano di edilizia pubblica, realizzato per risolvere il problema dell′emergenza abitativa, monofunzionale, risalente agli anni 80, esteso e popoloso, privo di luoghi di aggregazione sociale, edificato con scarsa qualit? architettonica e costruttiva degli edifici, senza servizi qualificati e piazze, si legge negli atti. Tra quei palazzoni in gran parte occupati abusivamente vivono intere famiglie di pregiudicati che trovano terreno fertile tra i residenti appartenenti agli strati pi? disagiati della popolazione, in condizioni di emarginazione sociale. E la struttura urbanistica del quartiere, costituita da edifici grigi, altissimi e desolati, a consentire dallalto e dal basso il controllo del territorio, dello spaccio, continuano le carte.La disoccupazione, la dispersione scolastica, il numero di persone assistite dal Sert e i dati sui minori in stato di indigenza. Sono tutti numeri allarmanti. Secondo gli inquirenti tutto ci? forma un laboratorio unico nel suo genere che va studiato per non rischiare di definire come minori le associazioni criminali violente e radicate. Invece secondo diversi difensori, che da anni assistono chi in quel quartiere ci vive, sono proprio le condizioni sociali a costituire una con causa degli eventi criminali. Dentro le aule di giustizia ultimamente accusa e difesa dibattono spesso su tutto ci?. Pm e avvocati vedono il problema da angolature differenti. Entrambi per? concordano su una verit?: il problema principale ? l′assenza di una riqualificazione sociale. E su questa carenza piccole e grandi associazioni continuano a fare fortuna.